I risvolti psicologici del mito di Tristano ed Isotta

Il mito di Tristano e Isotta, una delle leggende più celebri del ciclo arturiano e della tradizione cortese medievale, offre numerosi significati psicologici. Ecco alcuni dei risvolti principali:

  1. Amore proibito e conflitto interiore: Tristano e Isotta vivono un amore intenso ma proibito, dovuto al matrimonio di Isotta con re Marco. Questo conflitto tra passione e dovere rappresenta il dilemma psicologico tra desiderio personale e responsabilità sociale. La loro storia riflette le tensioni interne che sorgono quando i desideri individuali si scontrano con le aspettative e le norme sociali.
  2. Ambivalenza dell’amore: Il loro amore, scatenato dall’assunzione accidentale di una pozione magica, può essere visto come simbolo dell’ambivalenza e della dualità dell’amore, che può portare sia a gioia intensa che a sofferenza profonda. La pozione magica simboleggia anche l’idea che l’amore può essere incontrollabile e irrazionale, non sempre soggetto alla volontà umana.
  3. Sacrificio e devozione: La storia è piena di sacrifici personali per l’amato, sottolineando il tema della devozione assoluta. Tristano e Isotta sono disposti a rischiare tutto per stare insieme, rappresentando l’idea che l’amore vero richiede sacrificio e dedizione, ma anche mostrando le conseguenze dolorose di tali sacrifici.
  4. La fedeltà e il tradimento: La relazione tra Tristano e Isotta è complicata dal fatto che Isotta è sposata con re Marco. Questo triangolo amoroso esplora temi di fedeltà, lealtà e tradimento, sia verso gli altri che verso se stessi. Può essere visto come un’esplorazione delle complessità morali e psicologiche che emergono quando si affrontano dilemmi etici e sentimentali.
  5. Il desiderio e la repressione: La loro storia riflette anche la dinamica psicologica del desiderio represso. Tristano e Isotta sono costantemente costretti a nascondere i loro sentimenti e a vivere la loro passione in segreto. Questo può rappresentare la tensione tra le emozioni profonde e le pressioni esterne che richiedono la repressione di tali emozioni.
  6. La morte e la trascendenza dell’amore: Il tragico finale, in cui entrambi muoiono a causa del loro amore, può essere visto come un commento sulla natura trascendente dell’amore. La loro unione nella morte suggerisce che il vero amore può superare anche la morte, riflettendo la credenza che l’amore ha un potere eterno e indissolubile.
  7. Identità e trasformazione: Tristano, come cavaliere e amante, attraversa una serie di trasformazioni identitarie. Il mito esplora come l’amore e le esperienze traumatiche possano trasformare l’identità di una persona. La sofferenza e la gioia del loro amore influenzano profondamente chi sono e chi diventano.

Questi risvolti psicologici del mito di Tristano e Isotta dimostrano come questa storia medievale possa offrire un’analisi profonda e complessa delle dinamiche dell’amore, del desiderio e delle tensioni interiori, rendendola una leggenda che continua a risuonare con significati profondi nella psiche umana.

Dottor Roberto Cavaliere Psicoterapeuta. Studio professionale in Milano, Roma e Salerno. Possibilità di effettuare sedute tramite videochiamata.

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I risvolti psicologici del mito di Orfeo ed Euridice

Il mito di Orfeo ed Euridice offre vari significati psicologici profondi. Ecco alcune delle interpretazioni più rilevanti:

  1. Lutto e accettazione della perdita: La discesa di Orfeo agli Inferi per riportare indietro Euridice simboleggia il processo del lutto e il desiderio di negare o invertire la perdita di una persona amata. La sua incapacità di rispettare la condizione di non guardare indietro può rappresentare la difficoltà di lasciar andare il passato e accettare la realtà della perdita.
  2. Potere e limiti dell’arte: Orfeo è un musicista leggendario, e la sua musica è così potente da commuovere gli dei e le creature degli Inferi. Questo può essere visto come una metafora del potere trasformativo dell’arte e della musica. Tuttavia, anche il potere dell’arte ha i suoi limiti, evidenziati dal fallimento finale di Orfeo a salvare Euridice, che potrebbe simboleggiare le limitazioni dell’arte nel risolvere i problemi più profondi dell’esistenza umana.
  3. L’inconscio e l’intuizione: Gli Inferi possono rappresentare l’inconscio, un luogo oscuro e nascosto dove risiedono i ricordi e i desideri più profondi. Il viaggio di Orfeo potrebbe essere visto come un tentativo di esplorare e portare alla luce questi aspetti nascosti della psiche. La necessità di non guardare indietro può riflettere la fragile natura dell’intuizione e della conoscenza interiore, che può essere facilmente distrutta dal dubbio e dalla razionalità eccessiva.
  4. L’amore e la fiducia: La condizione imposta ad Orfeo di non guardare indietro finché non escono dagli Inferi può essere interpretata come una prova di fiducia. Il suo fallimento nel mantenere questa fiducia rappresenta le difficoltà che spesso sorgono nelle relazioni umane, dove il dubbio e l’insicurezza possono minare anche i legami più forti.
  5. Il tema della seconda possibilità: Orfeo ed Euridice rappresentano il desiderio umano di una seconda possibilità e la speranza di correggere gli errori passati. Tuttavia, il mito sottolinea anche che certe opportunità, una volta perse, non possono essere recuperate, riflettendo la realtà della irreversibilità di alcune scelte e azioni.
  6. La separazione tra mondo terreno e ultraterreno: Il mito esplora la separazione tra la vita e la morte, tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Orfeo cerca di superare questa barriera, ma alla fine fallisce, sottolineando la linea ineludibile tra la vita e la morte e la difficoltà di accettare questa separazione.
  7. Identità e metamorfosi: Dopo la perdita definitiva di Euridice, Orfeo subisce una trasformazione personale, dedicandosi alla musica e diventando una figura quasi ascetica. Questo può rappresentare come eventi traumatici possano trasformare l’identità di una persona e portarla a nuovi modi di essere e di vivere.

Queste interpretazioni psicologiche del mito di Orfeo ed Euridice mostrano come questa antica storia possa riflettere le profonde verità e complessità dell’esperienza umana, dalla perdita e il lutto alla forza e ai limiti dell’amore e dell’arte.

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I principali Miti Greci con risvolto psicologico

Molti miti greci contengono elementi che possono essere interpretati psicologicamente. Ecco alcuni esempi significativi:

  1. Edipo: Il mito di Edipo, raccontato da Sofocle, è fondamentale nella psicologia, specialmente nella teoria di Sigmund Freud che ha formulato il complesso di Edipo. Il mito esplora temi di identità, destino e conflitto con le figure genitoriali.
  2. Narciso: La storia di Narciso, che si innamora della propria immagine riflessa nell’acqua e muore a causa della sua ossessione, è spesso usata per discutere del narcisismo e dell’amore patologico verso se stessi.
  3. Orfeo ed Euridice: Il mito di Orfeo, che cerca di riportare in vita la sua amata Euridice dall’oltretomba, affronta temi di perdita, lutto e il potere dell’amore e dell’arte. La sua incapacità di rispettare la condizione posta da Ade (non voltarsi a guardare Euridice) può essere vista come una metafora della difficoltà di lasciar andare il passato.
  4. Perseo e Medusa: La storia di Perseo che sconfigge Medusa può essere interpretata come un simbolo del superamento delle paure e dei traumi. Medusa, con il suo aspetto terrificante, rappresenta il terrore che può paralizzare, mentre Perseo rappresenta l’eroe che, con l’aiuto degli dei, riesce a confrontarsi e superare queste paure.
  5. Icaro e Dedalo: Il mito di Icaro e Dedalo esplora temi di ambizione, hybris (tracotanza) e le conseguenze della disobbedienza. Icaro, nonostante gli avvertimenti del padre Dedalo, vola troppo vicino al sole, facendo sciogliere la cera delle sue ali e precipitando nel mare. Questo mito è spesso interpretato come un avvertimento contro l’eccessiva ambizione e l’importanza di seguire la saggezza e la moderazione.
  6. Eracle: Le dodici fatiche di Eracle possono essere viste come un viaggio di purificazione e crescita personale. Ogni fatica rappresenta una sfida da superare, simbolizzando il superamento di aspetti negativi della psiche e la ricerca della redenzione.
  7. Psiche e Amore: Come menzionato prima, il mito di Psiche e Amore è ricco di significati psicologici legati alla crescita personale, l’amore, la fiducia e l’integrazione dell’inconscio.
  8. Pandora: Il mito di Pandora, che apre il vaso (spesso erroneamente tradotto come “scatola”) liberando tutti i mali nel mondo ma lasciando dentro la speranza, riflette sulle conseguenze della curiosità e dell’azione impulsiva. Può anche essere visto come un’allegoria della condizione umana, in cui nonostante le difficoltà e le sofferenze, la speranza rimane.

Questi miti non solo raccontano storie affascinanti, ma attraverso le loro narrazioni, riflettono e illuminano le complessità della mente umana e delle esperienze psicologiche.

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I significati psicologici del mito di Amore & Psiche

Il mito di Amore e Psiche, presente nelle “Metamorfosi” di Apuleio, è ricco di significati psicologici che riflettono diverse tematiche umane. Ecco alcune interpretazioni principali:

  1. Crescita e maturazione psicologica: La storia di Psiche rappresenta il viaggio di crescita e maturazione dell’anima umana. Psiche deve affrontare varie prove per riunirsi con Amore (Eros), simboleggiando le sfide e i sacrifici necessari per raggiungere una completa realizzazione personale e spirituale.
  2. Amore e fiducia: Il mito esplora la complessità dell’amore, inclusi gli elementi di fiducia e tradimento. Psiche viene messa alla prova per la sua curiosità e mancanza di fiducia, ma alla fine il vero amore trionfa, insegnando che la fiducia reciproca è essenziale in una relazione.
  3. Integrazione dell’inconscio: Alcuni psicologi vedono in questa storia un processo di integrazione delle parti inconsce della mente. Psiche, che significa “anima” in greco, deve conoscere e accettare aspetti oscuri e nascosti (rappresentati da Amore che si nasconde nell’oscurità) per raggiungere la completezza.
  4. Rinascita e trasformazione: Le prove di Psiche possono essere viste come simboli di morte e rinascita. Ogni sfida rappresenta un passaggio verso una nuova fase della sua vita, culminando nella sua apoteosi come divinità, simbolizzando la trasformazione e l’elevazione dell’anima.
  5. Conflitto tra anima e desiderio: Il mito rappresenta anche il conflitto tra il desiderio fisico (Eros) e l’anima (Psiche). Il viaggio di Psiche può essere visto come un’armonizzazione di questi due aspetti, suggerendo che l’equilibrio tra desiderio e spiritualità è fondamentale per l’armonia interiore.

Questi significati psicologici del mito di Amore e Psiche riflettono le profonde verità umane riguardanti l’amore, la crescita personale e spirituale, e l’integrazione degli aspetti diversi della psiche.

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Riflessioni diLacan sull’Amore e sulle Relazioni

Amore è donare quello che si ha a qualcuno che non lo vuole.

[…] un amore assoluto, cioè impossibile.

Il godimento dell’Altro, del corpo dell’Altro che lo simbolizza, non è il segno dell’amore.

Di che si tratta nell’amore? L’amore è forse […] far uno?

[…] che non c’è una teoria dell’amore che sia fondabile, dotata di senso, che abbia una coerenza logica, che non si fondi, questa teoria dell’amore, sull’amore di sé, cioè su ciò che in genere si chiama l’egoismo.

Ciò di cui l’amore fa il suo oggetto è ciò che manca nel reale; ciò a cui il desiderio si arresta, è il sipario dietro cui questa mancanza è figurata dal reale.

L’amore, se c’è in esso la metafora di qualcosa, si tratta di sapere proprio a che si riferisce. Esso non si riferisce ad altro che all’evento, cioè a quelle cose che capitano, diciamo, quando un uomo incontra una donna. Dico “un uomo incontra una donna” perché sono modesto, perché non pretendo di arrivare a parlare di ciò che capita quando una donna incontra un uomo. La mia esperienza ha dei limiti! […] L’amore, dunque, è questo, l’avere fatto un pezzo di strada in comune?

L’amore è due semi-dire (mi-dire) che non si ricoprono.

La volta scorsa, per dare la sua vera luce a ciò che definisco come la posizione del “non so” in quanto correlativa della funzione dell’inconscio, ho articolato quasi di passaggio qualcosa come la formula della verità di ciò che l’amore mi permette di enunciare, e cioè “se tu non sei, io muoio”, che io traduco “tu non sei nient’altro che ciò che io sono”.

Ciò che caratterizza l’amante è ciò che gli manca ed egli non sa cosa gli manca.L’amata, cioè l’oggetto di amore, non sa nulla di ciò che ha, di ciò che nasconde, di ciò che costituisce  la sua attrattiva. Tra questi due termini nessuna coincidenza . Ciò che manca ad uno non è ciò che è nascosto nell’altra.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private (anche telefoniche e/o via Skype)tel.320-8573502 o email:cavaliere@iltuopsicologo.it

Riflessioni di Aldo Carotenuto sulle Relazioni

Tutta la nostra vita è una lotta per affermare quel qualcosa che ci sfugge, e per poter lottare dobbiamo imparare a sentire sulle nostre spalle il peso dell’assenza dell’altro. Io credo che nessuna terapia, nessuna esperienza consenta di eliminare questo senso di vuoto che l’amore, illudendoci, ci promette di riempire. Quando crediamo che il vuoto sia stato abolito, è probabile che stiamo ingannando noi stessi. Infatti, per quanto l’altro possa corrispondere al nostro desiderio inconscio, il bisogno di totalità è talmente smisurato che nessuna esperienza lo potrà realmente colmare. Il destino strutturale della nostra vita è imparare a sopportare la privazione e anche la delusione della persona che ci è accanto: quale che essa sia, qualunque cosa possa rappresentare o aver rappresentato per me, esprime comunque un’assenza. Possiamo dire che ogni dimensione amorosa mette in scena un mito; ogni volta che ci troviamo in questo vissuto noi “insceniamo” qualcosa: la totalità perduta che rimanda ai momenti precoci della nostra esistenza oppure il cosiddetto desiderio della completezza e- fatto ancor più doloro – l’essere sempre pronti a rinnovare questo senso di vuoto. Infatti, per quanto io possa amare un altro e per quanto questo possa a sua volta ricambiare i miei sentimenti, in ogni rapporto continua a esistere la possibilità di perdere la persona amata. È questo timore che si rinnova con più forza ogni volta che si crea una nuova relazione, anche se il sentimento che si è riusciti a creare offre continuamente un modo di controllare la perdita. Ma la perdita ci riconduce al desiderio.

Il desiderio è acceso dalla mancanza di qualcosa che mi appare vitale e verso la quale sono spinto a muovermi. Nella dimensione amorosa l’assenza insedia l’altro prepotentemente nel mio mondo interiore. Quando l’altro non c’è, riesce a riempire tutta la nostra esistenza. Nell’assenza egli diventa quello che Leopardi chiamava il “pensiero dominante”.

Siamo ossessionati dalla sua immagine ed è sempre un’immagine parziale quella che torna alla mente: quell’ immagine particolarissima che ci ha catturato e che ora riempie il vuoto lasciato dalla sua scomparsa. […]

D’altra parte, in questa particolare e pur singolare situazione psicologica è come se il nostro immaginario, il potere cioè che abbiamo di creare immagini e non essere soltanto passivi di fronte a esse, ci permette di essere, per così dire, creativi, perché allora è il nostro bisogno a dar vita a delle immagini che, se pur distanti dalla realtà, esprimono la nostra stessa possibilità di creare qualcosa, di dargli vita e di riconoscere in esso tutto un mondo fantastico.

Se il desiderio è per definizione insoddisfatto, quando amiamo noi torniamo a sperimentare in modo abbastanza vivo il senso di solitudine. In noi c’è una spinta per la totalità, un andare verso la perfezione, al punto che in certe persone, per esempio i mistici, l’amore ideale si rivolge a Dio e non alle cose terrene. A queste conclusioni giungiamo con tristezza, perché è chiaro che su queste cose noi tendiamo a illuderci, ed è anche giusto che sia così; ma, di fatto, la dimensione amorosa è sempre un’esperienza di assenza, e l’assenza ha a che fare con la nostalgia.

Io penso che la nostalgia e il vissuto dell’assenza coincidano col significato della nostra vita. È come se noi, durante il percorso dell’esistenza, sperimentassimo continuamente un’insoddisfazione profonda, nonostante tutto quello che riusciamo ad afferrare. C’è un senso di illimitato che ci muove, ma quello che riusciamo ad afferrare è limitato e allora, anche se guardiamo fisso negli occhi l’essere che amiamo, in quel momento possiamo leggere forse reciprocamente la nostalgia nei nostri sguardi.

Da: Aldo Carotenuto, Eros e pathos. Margini dell’amore e della sofferenza, Bompiani, Milano 2002 [1987], pp. 40-41.

Anche se in questi ultimi anni lo si è fatto piuttosto spesso, è sempre scabroso trattare il tema * amore ‘. perché c’è di mezzo il corpo oltre allo ‘ spirito ‘, e a quanto pare col corpo, malgrado tutte le rivalutazioni e riappropriazioni, continuiamo a non avere molta confidenza.

È un’impresa da sconsiderati, anche perché l’amore è un fenomeno che osservato dall’interno, ossia dal punto di vista di chi ama, presenta aspetti assolutamente ‘non rilevabili all’osservazione esterna; .il che significa che il materiale di documentazione più attendibile e significativo ci può venire solo da quel punto di vista privilegiato. Ora, se è vero che si tratta di un’esperienza che abbiamo fatto tutti, non è meno vero che una volta che ne siamo fuori, diciamo pure negli intervalli visto che ‘siamo tutti recidivi, ci succede non dico di rimuovere ma certamente di mutilare e alterare il ricordo di quell’esperienza, secondo i me-diocri bisogni e disegni del ‘ senno di poi ‘. Un mio paziente diceva che in genere noi viviamo ‘la brutta copia della nostra vita, tranne ‘che quando amiamo: perché in quel caso la brutta copia la scriviamo dopo.

Per fortuna c’è un’altra categoria di ‘ sconsiderati ‘ che da almeno ventisette secoli si è assunta il compito di abolire lo scarto tra esperienza e ricordo: i poeti. Certo per dargli credito in questo senso non bisogna coltivare l’immagine del poeta come visionario, e nemmeno come veggente nel senso paranormale del termine, ma quella del poeta come esperto nell’arte di fermare e calare in parole ‘l’ineffabile, o meglio ciò che fino a quel momento appariva tale; capace perciò di offrirci, a distanza magari di millenni, una sorta di ‘ presa diretta ‘, coinvolgente ‘e drammatica ma anche straordinariamente illuminante.

A me beato sembra come un dio l’uomo che siede a tè dinanzi,

ed ode da vicino le tue dolci parole

ed il tuo dolce riso amoroso. E subito nel petto sbigottisce il mio cuore:

se io ti vedo solo un istante, subito la miavoce si spegne.

Mi si spezza la lingua, ed una fiamma sottile mi trascorre per le membra,

ed io non vedo nulla più con gli occhi; romban gli orecchi.

Freddo sudor m’inonda, ed un tremore tutta mi prende,

e più verde dell’erba io sono, e non mi sembra esser lontana dalla mia morte…

In questo ‘ carme lirico ‘ di Saffo ci sono quasi tutti gli aspetti che ci troveremo a trattare nel corso delle nostre riflessioni sull’amore. In primo luogo c’è un’adesione immediata, che è una caratteristica fondamentale dell’esperienza amorosa: un sentirsi, di fronte alla persona che si ama, senza alcuna possibilità di resistere, un dire di sì a tutto quello che vediamo davanti a noi, privi di qualsiasi atteggiamento critico. La persona di cui ci innamoriamo ci cattura con una immediatezza che non troviamo in nessun’altra esperienza. È come se fossimo in uno stato ipnotico, nel quale la persona che suscita in noi la condizione ipnotica ci comunica qualcosa che forse abbiamo sempre so-spettato di poter conoscere, di poter godere ed afferrare. La caratteristica fondamentale è dunque un’immediata « partecipazione all’altro », con un carattere che potremmo definire compulsivo: il nostro ‘investimento amoroso ci spinge coattivamente in una precisa direziono. Fiatone parlava addirittura di « delirio divino », che è la dimensione dell’estasi. Ricordiamo le prime parole del frammento di Saffo: « A me beato sembra come un dio l’uomo che siede a tè dinanzi… ». Di fronte all’amato l’amante prova un ‘senso di incredibile pienezza e, contemporaneamente, ha la sensazione di aver vissuto fino a quel momento in una condizione di privazione. La funzione dell’amore è proprio quella di riempire un vuoto nella nostra esistenza e questa possibilità è testimoniata dalla sensazione di turbamento che ci provoca la vista della persona amata. È un turbamento particolarissimo, che implica uno spostamento di forze all’interno del nostro vissuto esistenziale. C’è qualcosa che si muove, qualcosa che non è altro che il poter catturare, il poter estrarre dall’altro una dimensione che permette di andare a coprire quel senso di vuoto che ha caratterizzato la nostra esistenza fino a quel momento. La nostra esperienza sembra dirci che è qualcosa di esterno a catturare noi, qualcosa verso cui va il nostro sguardo, ma la verità è che l’esperienza amorosa vive di ciò che accade in noi. Guardare l’oggetto del nostro amore significa ricevere qualcosa. Quello che io vedo ha significato perché evoca e muove all’interno di me stesso delle dimensioni importanti. Si può anche dire che, da un certo punto di vista, l’altro non può essere classificabile perché si ‘implicherebbe la conoscenza dell’altro: nell’esperienza amorosa c’è qualcosa di incomprensibile. Per tutta la durata dell’amore i! nostro tentativo di porci di fronte a questo oggetto pieno di mistero e di fascino è in realtà il tentativo di farlo uscire da ciò che non è chiaro. Io rimango innamorato fino a quando l’altro non è afferrabile nella mia dimensione spirituale. C’è qualcosa che mi spinge a interrogarmi sul significato di quel volto. L’amato diventa così una figura che spinge alla ricerca di una mia verità interiore. E qui tocchiamo un elemento essenziale:

la persona che amo, sulla quale riverso tutta la mia energia, diventa quella che possiamo chiamare la trasparenza del mondo (1). Questo è secondo me uno dei fenomeni più belli della dimensione amorosa che, attraverso questa esperienza della trasparenza del mondo, ci permette di capire veramente la realtà esterna, lo sono tagliato completamente fuori dagli altri, sono tagliato fuori dal mondo dello spirito e delle cose, se non ho vissuto almeno una volta ‘l’esperienza della dimensione amorosa. Infatti, attraversando questa dimensione, si illumina di significato qual-siasi aspetto dell’esistenza, sia fisica che psichica:

ciò avviene solo a condizione che io sia « rapito » da un personaggio che non riesco a inquadrare e che, come un pensiero dominante, orienta incessantemente nella sua direzione la mia vita psichica. L’oggetto d’amore più bello è quello che non si riesce a definire, « l’oscuro oggetto del desiderio »: esso non si lascia ridurre, esaurire o banalizzare nel rapporto. La nostra capacità di mantenere viva un’esperienza d’amore sia nel riuscire a rendere continuamente nuova l’esperienza proprio grazie a quell’arricchimento interiore che ci ha consentito il rapporto stesso. La vitalità che noi sentiamo quando amiamo deriva dal fatto che attingiamo nuove forze che ci spingono, rispetto all’altro, in una dimensione diversa da quella usuale in cui siamo quando non amiamo. Ecco perché amare è così « stressante ». Da un certo punto di vista amare è un autentico lavoro psicologico. II più impegnativo che esista, proprio perché esso fa scattare in noi una nuova possibilità di conoscenza del mondo. Allora, se si vive per venti o trenta anni in un clima di mancanza d’amore, nel momento in cui si incontra questa dimensione si deve imparare di nuovo a conoscere un mondo che sembrava ormai familiare e d’un tratto ha assunto una fisionomia diversa. Questa diversità è dovuta al fatto che il catturare dall’altro una dimensione che mi mancava ha reso me diverso, e ora i miei stessi occhi ‘sono diversi, la mia stessa capacità di vivere quell’esperienza è diventata diversa.

« E subito nel petto / sbigottisce il mio cuore: se io ti vedo / solo un istante, subito la mia voce si spegne ». « Solo un istante » e « subito »: questa immediatezza, questa fulmineità nel cambiare radicalmente la mia intera visione della realtà è un’altra caratteristica dell’esperienza amorosa. C’è ‘come un ritmo del desiderio che prende a pulsare dentro di noi e la persona che abbiamo accanto acquista un significato mutevole e sfuggente, in quanto cambia la nostra dimensione interna — perché acquisisce forza dall’altro —’e tale cambiamento diventa uno stimolo a capire di più. Tutto questo però avviene con dei ritmi particolari, il ‘nostro desiderio è scandito dalla presenza dell’altro. E in questo momento, poiché entra in scena il desiderio, il corpo prende il sopravvento. Quando guardiamo gli occhi della persona che amiamo, quando contempliamo l’altro, in realtà cerchiamo di riconoscere segni che forse abbiamo già conosciuto nel nostro passato e, se non li riconosciamo, cerchiamo di dare a quel volto un nuovo significato; e dare al volto dell’altro un nuovo ‘significato vuoi dire fare entrare nell’esperienza amorosa la dimensione corporea.

Saffo ci dice « … la mia voce si spegno »: noi veniamo turbati dal desiderio, e con la voce è l’intera realtà che si spezza. Anche questo è un aspetto peculiare dell’esperienza amorosa: la realtà esterna così vistosa e ingombrante fino a questo momento, si defila e scompare, e al suo posto, come cambia la scena su un palcoscenico girevole, si insedia una realtà fantastica, un nuovo universo al centro del quale stanno le due persone coinvolte in quel rapporto amoroso.

Dal loro punto di vista quell’universo è l’unico plausibile; ma solo da quel punto di vista, come c’è un solo punto dal quale ognuno delle due braccia di quell’immenso pronao della basilica di San Pietro che è il colonnato del Bernini appare composta da un’unica fila di 32 colonne anziché da 32 file di quattro colonne ciascuna. Per tutti gli altri, per tutti quelli che ovviamente non possono vedere ‘le cose da quell’angolazione così particolare il mondo di coloro che si amano è aberrante e inesplicabile. E questa è l’inevitabile violenza a cui ci esponiamo nel momento in cui siamo rapiti dalla dimensione amorosa. Ma in fondo è bene che ‘almeno l’amore ci ‘costringa a fare anche solo una volta nella vita questa salutare esperienza di non essere più in sintonia con gli altri, e perciò di non riuscire a comunicare — se non con il linguaggio dell’arte, della poesia, che coi suoi misteriosi poteri al-chemici riesce a trasformare in parole l’ineffabile.

Capire di non essere capiti è sempre un’esperienza inquietante, ma anche esaltante, perché ci fa sentire finalmente di esistere sul serio, unici al mondo, ‘ individui ‘. Se poi è ‘l’amore a ‘metterci ‘in questa situazione, di questo salto di qualità ci da una controprova l’amore dell’altro, perché da quel momento, oltre a sentirci <c unici », Io siamo obiettivamente almeno per un’altra persona: il nostro partner — che poi è, in quel momento, la sola persona che conti per noi, ossia è per noi a sua volta unica. E l’incontro di due unicità non può che dare luogo a un rapporto unico, irripetibile. Ecco perché è profondamente giustificata, allorché quel rapporto si spezza, la nostalgia, la sofferenza per qualcosa che è andato davvero perduto, perché nessun nuovo incontro potrà ridare vita a quella realtà.

Ed ecco perché quella realtà l’abbiamo vissuta, finché è durata, come qualcosa di definitivo, di perenne. Quando si è attraversata un’esperienza d’amore fino alla fine, che ci sia o no una fine, sappiamo che il senso della dimensione amorosa si accompagna al senso dell’eternità. Nessuno può amare pensando che quell’amore finisca, nessuno può amare pensando di morire o che quella esperienza sia limitata nel tempo. Se si vuole fare l’esperienza dell’infinito psichico, di una dimensione che trascenda i limiti della nostra esistenza, si deve fare l’esperienza della dimensione amorosa. In quel momento noi perdiamo H senso della realtà. Ma è un bene che sia così, noi dobbiamo perderlo. È per questo, del resto, che spesso gli altri si coalizzano contro di noi: perché siamo «e persi » per la loro realtà, abbiamo disertato, siamo passati armi e bagagli a una realtà diversa, « straniera » per loro, incomprensibile e perciò temibile.

« Mi si spezza la lingua, ed una fiamma / sottile mi trascorre per le membra ». L’amore è caratterizzato da un’alterazione del nostro rapporto con la realtà; ma cosa significa in termini psicologici essere « alterati »? Significa che l’assetto psichico di cui eravamo portatori fino a un momento fa ha esaurito la sua funzione: non avremmo potuto calarci in una situazione d’amore se questo assetto psichico non avesse consentito la possibilità dell’alterazione. Le persone sagge sanno che bisogna aspettare che si compia questa esperienza perché atteggiamenti apparentemente rigidi possano dissolversi come neve al sole. Con l’amore cambia tutto, ma il cambiamento maggiore è nel nostro modo di sentire le cose della vita, noi vediamo con occhi diversi.

Una persona attenta e sensibile riesce sempre ad accorgersi se l’interlocutore si trova in una dimensione d’amore, perché chi è immerso in questa dimensione ha una tendenza particolare: la tendenza a considerare l’oggetto d’amore come fonte di felicità infinita. Quando nella ‘nostra esistenza ci troviamo a vivere un’esperienza nella quale una persona esterna a noi diventa la fonte della nostra felicità, noi siamo certamente in una esperienza-limite. Quando io mi rendo conto che la mia felicità passa attraverso l’altro e mi abbandono con generosità nelle sue braccia, allora, come dicono i versi di Saffo, sono colto dalla paura perché mi sono messo nelle mani di un altro. Si è detto spesso che la possibilità di resistere al mondo è in ragione diretta della capacità di autonomia; ma è innegabile che la conoscenza del mondo passi attraverso questo identificare nell’altro la fonte della propria felicità. È vero che mettersi nelle mani degli altri può recare sofferenze altrettanto intense della felicità che ci si aspetta, ma si tratta in ogni caso di un’esperienza che va fatta e ricercata.

Avvicinandoci maggiormente agli aspetti psicologici dell’esperienza dell’innamoramento, possiamo dire che essa trascende il desiderio sessuale. Nei momenti m cui si ha la percezione di perdere l’altro si dicono di solito, e con estrema sincerità, frasi che rivelano che siamo pronti anche a escludere l’intimità fisica pur di non rinunciare ad un « oggetto » che sentiamo come la fonte insostituibile della nostra felicità. Sono questi i momenti in cui la sessualità sembra trascendere o addirittura rinnegare se stessa.

Violenza dell’Eros Aldo Carotenuto, Roma

L’amore non può appartenere alla dimensione terrena, materiale.
Esso sfiora le nostre esistenze come una leggera brezza, che lascia dentro sensazioni impalpabili e indescrivibili, ma comunque travolgenti.

Tale dovrebbe rimanere e, in quanto tale, andrebbe vissuto: come una forza interiore che trasfigura il volto dell’amato, che stravolge il senso delle nostre azioni, che pervade di un’energia positiva le nostre giornate. Se proprio si vuol cercare un punto di contatto tra realtà e illusione, il movimento dovrebbe essere sempre dalla seconda in direzione della prima.

Viceversa, l’illusione non potrebbe che essere mortificata dalla dimensione costrittiva del reale. Con questo non voglio dire che bisogna lasciare via libera a quella «follia condivisa» che è l’amore, ma semplicemente che la sua energia vitale va impiegata, per portare avanti coerentemente e con maggior vigore la vita di tutti i giorni, lasciando poi uno spazio di incontaminata follia alla propria fantasia, un piccolo varco attraverso cui passare da una dimensione all’altra.

Platone parlava addirittura di «delirio divino», un’espressione esaustiva, adeguata e sufficiente per descrivere quella sorta di «rapimento estatico» di cui gli innamorati sono vittime e artefici.
Di fronte all’amato, l’amante prova un senso di incredibile pienezza e, contemporaneamente, ha il sentore di aver vissuto fino a quel momento in uno stato di privazione: la sua presenza è fonte di un benessere che sembra avere possibilità inesauribili.

L’esperienza sembra dirci che è la vicinanza a provocare il turbamento: colui o colei verso cui il nostro sguardo si dirige, ci cattura irrimediabilmente, stringendoci in un abbraccio emotivo caldo e travolgente. In verità l’amore vive e si alimenta di ciò che accade in noi, della nostra interiorità. L’essere su cui abbiamo fermato i nostri occhi e convogliato il nostro desiderio assume per noi un significato unico: è insostituibile perché soltanto egli può evocare in noi delle dimensioni interiori profonde e particolarissime. In verità, nella dinamica dell’incontro amoroso, si viene catturati, rapiti, da un oggetto che sembra essere dotato della qualità straordinaria di corrispondere esattamente all’interiorità del proprio desiderio.

Ecco perché lo stato di innamoramento ci pone sempre dinanzi a qualcosa di incomprensibile: l’Altro è atopos, cioè «inclassificabile», perché la sua distinzione implicherebbe anche la sua conoscenza. Per tutta la durata dell’innamoramento, il tentativo di porsi di fronte a ciò che è pieno di segreti e di fascino, rappresenta, in realtà, il tentativo di tradurre quel mistero e quell’attrazione sovvertitrice in una esperienza nota e comprensibile.
In effetti, giacché l’amore – e soprattutto l’innamoramento – ha i tratti di un’autentica visione, bisognerebbe capirne i limiti oltre alle potenzialità. Per quanto bella ed estatica una visione possa essere, di per sé non porta a nulla, se non all’immobilità della contemplazione.

Una visione nonpuò in alcun modo essere trattenuta, ma può trasformarsi in una diversa attitudine alla vita. Solo allora comincia quel periglioso percorso che dall’immagine conduce alla sua incarnazione, un cammino che ci tiene fino all’ultimo con il fiato sospeso. Capace di risvegliare in noi emozioni incontenibili, a volte anche negative, distruttive, quando le cose non vanno come vorremmo, quando un ostacolo si interpone alla realizzazione dei nostri sogni.

D’altra parte non possiamoparlare d’amore senza avere coscienza dei pericoli che esso cela.
Nel momento stesso in cui giuriamo eterno amore, ci rendiamo anche conto che si tratta di un «giuramento falso», di cui non possiamo garantire in alcun modo l’esito. Tutto è destinato a mutare, soprattutto le persone; così ogni promessa ha una buona probabilità di essere
dirottata.
Ma questo dovrebbe bastare per farci rinunciare alla seduzione di un’illusione? Può forse la prospettiva del fallimento trattenerci dal richiamo dell’amore? Non credo. Pur cercando di capire, di comprendere, non vorremmo mai abbandonare del tutto quell’illusione che, abbagliandoci, permette e sorregge il nostro innamoramento, lasciando sempre dietro di sé un richiamo nostalgico: il presagio di una nuova visione.

Aldo Carotenuto, Il suo ultimo articolo, pubblicato il 14 febbraio 2006 da “Il Mattino”.

AFORISMI

Solo l’autoaccettazione può condurre verso l’indipendenza, consentendo la relazione. E questo sembra l’unico modo per “salvarsi la vita”.

La vulnerabilità a cui l’amore ci espone, e l’importanza centrale che l’altro viene ad assumere nella nostra vita, ci gettano in uno stato di bisogno.

Una forma diventa bella perché è significativa per un soggetto, e lo è in quanto, coincidendo con il suo desiderio inconscio, riesce a rappresentarlo e anche a evocarlo.

Nessuno può amare pensando che quell’amore finisca, nessuno può amare pensando di morire o che quella esperienza sia limitata nel tempo. Ecco perché è profondamente giustificata, allorché quel rapporto si spezza, la nostalgia, la sofferenza per qualcosa che è andato davvero perduto, in quanto nessun nuovo incontro potrà ridare vita a quella realtà.

I poeti sono gli unici esseri umani che abbiano trovato nella parola una modalità espressiva in grado di cogliere l’essenza dei sentimenti, perché la poesia è fatta di metafore e allusioni, di simboli e di rimandi.

C’è una differenza fondamentale fra il maschile e il femminile: quest’ultimo celebra la sua incredibile profondità di vita attraverso la presenza della tenerezza. Solo il “femminile” (nella donna come nell’uomo) riesce a far questo.

Ciò che è ignoto in genere provoca paura. Vorrei sottolineare come questa e la dimensione amorosa vadano sempre insieme; un segnale del nostro essere innamorati è la sensazione di paura che abbiamo di fronte all’amore e se non proviamo anche angoscia per quello che sta succedendo probabilmente noi non amiamo.

In fondo bisogna essere soli, bisogna sentire la propria solitudine per poter capire che cosa significhi la presenza dell’altro.

L’equivoco nel quale noi purtroppo cadiamo è pensare che nel rapporto amoroso dobbiamo escludere con tutte le nostre forze il conflitto, la sofferenza, il dolore e la lacerazione. Questo è utopistico perché se siamo noi stessi portatori di un dissidio strutturale, se siamo noi stessi portatori di vita e di morte, non c’è unione dove questa dicotomia, questa antitesi non emerga. L’enorme sofferenza che può derivare da un legame è un fatto intrinseco; non possiamo rifiutare una relazione perché ci arreca dolore.

Il tradimento è un passaggio inevitabile nella storia di due persone che si amano: è un momento di apertura verso l’esterno e verso l’interno, un momento di riconquista della propria identità.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private (anche telefoniche e/o via Skype)tel.320-8573502 o email:cavaliere@iltuopsicologo.it

Amare in “Orizzontale”

Riporto una significativa riflessione pervenutami da una lettrice dei miei blog e di cui mantengo l’anonimato

Invito a commentare 

Mi ami in orizzontale per quello che ti faccio provare,perchè ti piaccio,perchè mi do’ senza riserve,perchè ti faccio stare bene,perchè davvero ti senti affezionato a me. Ma poi sai che in verticale l’amore non è solo quello e siccome è incompleto non mi ami. La prossima volta puoi dirmi “ti amo”. “ti adoro”…. ma aggiungi “in questo momento”. Quanto lavoro e quanta fatica faccio io per cercare di capire, per cose che dovresti spiegare tu perchè tu le hai dette. Non mi aiuti lo sai. Perchè chiedo e non rispondi, allora mi rispondo da sola.Se solo tu ci fossi……….Le seghe mentali nascono dalla tua assenza in questi momenti.Sono sensibile, e due minuti di delicatezza fanno più di un’ora di ruvidià che avvelena sia te che me.Hai preso il mio cuore, ne hai fatto ciò che hai voluto, e ora che mi accartocci e mi butti via vorresti che io accettassi il cestino dei rifiuti senza un lamento.Il cestino dei rifiuti non è il mio posto, mi alzo da sola e me ne esco da dentro, ma non puoi chiedermi di esserne felice.Finchè non lo proverai non portai saperlo. Ma la ruota gira, e solo il dolore ci insegna le cose.Non tutto il male viene per nuocere.Abbi almeno rispetto perchè la mia parte è più difficile della tua (distruzione/dolore/ricostruzione contro seccatura), eppure mi sto gestendo e controllando, lo sto facendo in maniera seria, in modo non solo da non tornare più indietro sui vecchi errori, ma anche di uscirne migliore.Chiedere una spiegazione e cercare un dialogo o un confronto più maturo.Una risposta chiara e immediata eviterebbe l’insorgere di dubbi, di paure.Da parte tua prestarsi sarebbe una forma di affetto, di empatia, di aiuto, ma è anche impegnativo…. molto più facile è lasciarsi andare all’impazienza e alla chiusura, perchè se pure hai infranto tutti i cristalli come un elefante potresti almeno dare responsabilmente una mano a sistemare……….Ho ascoltato tanti improperi senza avere modo di aprire bocca.Ora si che il discorso è sviscerato e chiuso, per me.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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L’Amore e le Relazioni mutano in una forma diversa rispetto a quella iniziale

Un anno prima della sua morte, lo scrittore F. Kafka visse un’esperienza insolita. Passeggiando per il parco Steglitz a Berlino incontrò una bambina, che piangeva sconsolata: aveva perduto la sua bambola. Kafka si offrì di aiutarla a cercarla e le diede appuntamento per il giorno seguente nello stesso posto.
Incapace di trovare la bambola, scrisse una lettera – da parte della bambola – e la portò con sé quando si rincontrarono. “Per favore non piangere, sono partita in viaggio per vedere il mondo, ti riscriverò raccontandoti le mie avventure…”, così cominciava la lettera.
Quando lui e la bambina s’incontrarono egli le lesse questa lettera attentamente descrittiva di avventure immaginarie della bambola amata. La bimba ne fu consolata e quando i loro incontri arrivarono alla fine, Kafka le regalò una bambola. Ella ovviamente era diversa dalla bambola originale, in un biglietto accluso spiegò… “i miei viaggi mi hanno cambiata”.
Molti anni più avanti la ragazza cresciuta, trovò un biglietto nascosto dentro la sua bambola ricevuta in dono. Riassumendolo diceva: ogni cosa che tu ami è molto probabile che tu la perderai, però alla fine l’amore muterà in una forma diversa.

Da “Kafka e la bambola viaggiatrice”, di Jordi Sierra i Fabra.

In questo significativo brano è sintetizzato un aspetto importante di ogni relazione: esse tendono a mutare col tempo. Una relazione passionale, ad esempio, muterà in una relazione d’amore e progettuale.

Potrebbe sembrare un concetto evidente e scontato , ma non lo è. Molto spesso si ritiene che se l’amore e/ o la relazione muta rispetto all’inizio significa che sia finita. Ma come abbiamo visto non è vero ciò.

Potremmo riassumere: Tutto le relazioni che durano lo devono al fatto che riescono a mutare ed a trovare nuovi equilibri.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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Le Tre forme d’Amore: Eros, Philos e Agape

Nel 1986, mentre percorrevo il cammino di Santiago con Petrus, la mia guida, passammo per la cittadina di Logroño mentre si stava svolgendo un matrimonio. Chiedemmo due bicchieri di vino, io preparai un piatto di antipasti e Petrus trovò un tavolo dove ci saremmo potuti sedere insieme ad altri invitati.

La coppia di sposi tagliò una torta immensa.
– Devono amarsi – pensai a voce alta.
– Certo che si amano – disse un signore in abito scuro che era seduto al tavolo con noi. – Avete mai visto qualcuno sposarsi per un altro motivo?

Ma Petrus non lasciò passare la domanda:
– A che tipo di amore si riferisce: Eros, Philos o Agape?
Il signore lo guardò senza capire.
– Esistono tre parole greche per designare l’amore – disse poi. – Oggi lei sta vedendo la manifestazione di Eros, il sentimento fra due persone.

Gli sposi sorridevano per le fotografie e ricevevano gli auguri.
– Sembra che si amino. Fra poco si ritroveranno a lottare da soli per la vita, metteranno su casa e parteciperanno alla stessa avventura: questo rende più grande e conferisce dignità all’amore. Lui seguirà la sua carriera, lei saprà cucinare e sarà un’eccellente padrona di casa, perché fin da bambina è stata educata proprio per questo. Lei lo seguirà, avranno dei figli e, se riusciranno a costruire qualcosa insieme, saranno davvero felici per sempre.

“Questa storia, però, potrebbe evolversi anche in maniera inversa. Lui comincerà a sentire di non essere abbastanza libero per manifestare tutto l’Eros, tutto l’amore che prova per altre donne. Lei potrebbe cominciare a sentire di avere sacrificato una carriera e una vita brillante per seguire il marito. Allora, invece di creare qualcosa insieme, ciascuno di loro si sentirà derubato nel proprio modo di amare. Eros, lo spirito che li unisce, comincerà a mostrare solo il suo lato negativo. E quello che Dio aveva destinato all’uomo come il suo sentimento più nobile diverrà fonte di odio e distruzione.”
Mi guardai intorno. Eros era presente in varie coppie. Ma potevo sentire la presenza di Eros Buono ed Eros Cattivo, proprio come li aveva descritti Petrus.

– Nota come è curioso – proseguì la mia guida. – Che sia buono o che sia cattivo, la faccia di Eros non è mai la stessa in ogni persona.
I musicisti cominciarono a suonare un valzer. Gli invitati si diressero verso un piccolo spazio di cemento davanti al coretto per ballare. Il tasso alcoolico cominciava a salire e tutti erano più sudati e più allegri. Io notai una giovane vestita di azzurro, che doveva aver atteso questo matrimonio solo perché arrivasse il momento del valzer, giacché voleva ballare con qualcuno con cui aveva sognato di stare abbracciata sin da quando era entrata nell’adolescenza. I suoi occhi infatti seguivano i movimenti di un ragazzo ben vestito, con un abito chiaro, che si trovava con un gruppo di amici.

Chiacchieravano tutti allegramente, non si erano accorti che il valzer era cominciato e non notavano lì ad alcuni metri di distanza quella giovane vestita di azzurro che guardava con insistenza uno di loro.
Pensai allora alle piccole cittadine, ai matrimoni sognati fin dall’infanzia con il ragazzo prescelto.

La giovane in azzurro si accorse del mio sguardo e si avvicinò. E come se i movimenti fossero stati combinati, fu in quel momento che il ragazzo la cercò con lo sguardo. Vedendo che lei si trovava accanto ad altre giovani, riprese a chiacchierare animatamente con gli amici.
Io richiamai l’attenzione di Petrus su quei due giovani. Lui seguì per un po’ quel gioco di sguardi e poi tornò al suo bicchiere di vino.
– Si comportano come se fosse una vergogna dimostrare che si amano – fu il suo unico commento.

C’era un’altra ragazza che ci fissava: avrà avuto la metà dei nostri anni. Petrus alzò il bicchiere di vino e fece un brindisi, la ragazza sorrise imbarazzata e fece un gesto indicando i genitori, quasi scusandosi di non avvicinarsi di più.
– Questo è il lato bello dell’amore – disse. – L’amore che sfida, l’amore per due estranei più vecchi che sono giunti da lontano e che domani partiranno per un cammino che anche lei vorrebbe percorrere. L’amore che preferisce l’avventura.

E poi, indicando una coppia di anziani, proseguì:
– Guarda quei due: non si sono lasciati contagiare dall’ipocrisia, come tanti altri. A vederli, deve trattarsi di una coppia di contadini: la fame e la necessità li ha costretti a superare insieme tante difficoltà. Hanno scoperto la forza dell’amore attraverso il lavoro, che è dove Eros mostra la sua faccia più bella, nota anche come Philos.

– Che cos’è Philos?
– Philos è l’Amore in forma di amicizia. Proprio quello che io provo per te e per gli altri. Quando la fiamma di Eros non riesce più a brillare, è Philos che mantiene le coppie unite.

– E Agape?
– Agape è l’amore totale, l’amore che divora chi lo prova. Chi conosce e prova Agape, vede che nient’altro a questo mondo ha più importanza, soltanto amare. Questo fu l’amore che Gesù provò per l’umanità e fu talmente grande che scosse le stelle e cambiò il corso della storia dell’uomo.

“Durante i millenni della storia della Civiltà, molti uomini sono stati pervasi da questo Amore che Divora. Essi avevano tanto da dare – e il mondo esigeva tanto poco – che furono costretti a ricercare i deserti e i luoghi isolati, perché l’Amore era talmente grande che li trasfigurava. Divennero così quei santi eremiti che oggi noi conosciamo.

“Per me e per te, che proviamo un’altra forma di Agape, questa vita potrebbe sembrare dura, terribile. Eppure, l’Amore che Divora fa sì che tutto perda importanza: questi uomini vivono unicamente per essere consumati dal loro Amore.”
Fece una pausa.

– Agape è l’Amore che Divora – ripeté ancora una volta, come se questa fosse la frase che meglio potesse definire quella strana specie di amore. – Luther King una volta disse che, quando Cristo parlò di amare i nemici, si riferiva all’Agape. Perché, secondo lui, era “impossibile voler bene ai nostri nemici, a coloro che ci fanno del male e che tentano di rendere più meschina la nostra sofferta quotidianità.”
“Ma Agape è molto di più che voler bene. È un sentimento che pervade tutto, che colma tutte le fessure e trasforma in polvere qualsiasi tentativo di aggressione.

“ Esistono due forme di Agape. Una è l’isolamento, la vita dedicata unicamente alla contemplazione. L’altra è l’esatto contrario: il contatto con gli altri esseri umani e l’entusiasmo, il senso sacro del lavoro. Entusiasmo significa trance, slancio, legame con Dio. L’Entusiasmo è Agape diretto a qualche idea, a qualche cosa.

“Quando amiamo e dal profondo della nostra anima crediamo in qualcosa, ci sembra di essere più forti del mondo e ci sentiamo pervasi da una serenità che proviene dalla certezza che niente potrà vincere la nostra fede. Questa strana forza ci permette di prendere sempre le decisioni giuste, nel momento giusto, e noi stessi ci sorprendiamo delle nostre capacità quando raggiungiamo il nostro obiettivo.

“L’Entusiasmo si manifesta normalmente con tutto il suo potere nei primi anni della nostra vita. Abbiamo ancora un forte legame con la divinità e ci dedichiamo ai nostri giocattoli con una tale volontà che le bambole prendono vita e i soldatini di piombo riescono a marciare. Quando Gesù disse che era dei bambini il Regno dei Cieli, si riferiva ad Agape sotto la forma di Entusiasmo. I bambini gli si avvicinarono senza badare ai suoi miracoli, alla sua saggezza, ai farisei e agli apostoli. Andavano gioiosi, mossi dall’Entusiasmo.

“Che in nessun momento, per il resto dell’anno, e per il resto della tua vita, tu perda l’entusiasmo: esso è una forza più grande, volta alla vittoria finale. Non si può permettere che ci sfugga dalle mani solo perché dobbiamo fare fronte, nel corso dei mesi, a piccole e necessarie sconfitte.”

Brano tratto da “Il cammino di Santiago” di Paolo Coelho

Dott. Roberto Cavaliere

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Differenza tra Attaccamento ed Amore

In questo passaggio del libro “Dimmi come ami e ti dirò chi sei ” viene esplicitato in maniera significativa la differenza tra un attaccamento malsano nelle relazioni e la presenza di un autentico sentimento d’amore.

“… Già nelle prime fasi della relazione, dunque, cominciate a ricevere segnali contrastanti: lui (o lei) chiama, ma quando ne ha voglia; mostra interesse per voi, ma vi fa capire che si sta ancora guardando intorno. Insomma, vi tiene sulle spine. Ogni volta che vi arrivano questi messaggi contraddittori, il vostro sistema di attaccamento si mette in moto e cominciate ad essere in ansia per la relazione.
Poi, però, arriva un complimento o un gesto romantico che vi fa battere il cuore a mille e allora vi dite che, dopo tutto, è ancora interessato/a a voi: siete al settimo cielo. Purtroppo questa sensazione di beatitudine non è destinata a durare. In breve tempo i messaggi positivi ritornano a mescolarsi a quelli ambigui e di nuovo vi ritrovate in balia di un turbine di emozioni. A questo punto vivete col fiato sospeso, anticipando col pensiero quel piccolo gesto, quella parola che vi rassicurerà.
Dopo aver vissuto per un po’ questa situazione, cominciate a fare una cosa molto interessante: cominciate a scambiare l’ansia, le preoccupazioni, l’ossessione e quei brevissimi momenti di gioia per amore. Ciò che state facendo in realtà è confondere la passione con un sistema di attaccamento in azione. Se la cosa va avanti da un po’, è come se vi programmaste per venire attratti proprio da quegli individui che hanno le minori probabilità di rendervi felici. Avere un sistema di attaccamento perennemente attivo è il contrario di ciò che la natura aveva in mente per noi in termini di amore gratificante. Come si è visto una delle scoperte più importanti di Bowlby e Ainsworth è che per crescere e prosperare come esseri umani abbiamo bisogno di una base sicura da cui trarre forza e conforto. Perché ciò accada, il sistema di attaccamento deve essere calmo e sentirsi al sicuro. Ricordate: un sistema in azione non vuol dire passione.
La prossima volta che uscite con qualcuno e vi trovate in preda ad ansie, insicurezze e ossessioni – per sentirvi poi una volta ogni tanto euforici – dite a voi stessi che probabilmente si tratta del sistema di attaccamento in azione e non di amore! Il vero amore da un punto di vista evolutivo, significa pace mentale. Il detto “le acque tranquille scorrono profonde” è un bel modo per descrivere la cosa”

LEVINE, A., HELLER, R. (2012), Dimmi come ami e ti dirò chi sei, TEA, Milano.

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