DISCONNESSIONI AFFETTIVE

Nel terzo millennio, l’amore ha acquisito una dimensione virtuale, complementare ed equivalente a quella reale. Da un paio di decenni, social network, servizi di messaggistica e dating app hanno trasformato il modo di conoscersi, interagire, corteggiarsi, innamorarsi e vivere le relazioni affettive. Se da un lato hanno facilitato la socializzazione e il raggiungimento di una ininterrotta intimità emotiva, dall’altro hanno dato vita a nuovi fenomeni, tra i quali è importante sapersi orientare. Mi riferisco al benching, al mosting, al ghosting, al caspering, allo zombieing, all’orbiting e all’haunting.

Il BENCHING si verifica quando una persona evita ogni chiarimento sulla natura delle proprie intenzioni e dei propri sentimenti. Lascia l’altro nell’incertezza di un possibile interesse, lo tiene in sospeso, in panchina (in inglese “bench”). Non vuole impegnarsi in alcun rapporto e spesso ha più frequentazioni contemporaneamente. Chi subisce il benching, vive nell’attesa di un messaggio, di una telefonata o di un invito, che arriva molto sporadicamente.    

Al contrario, chi mette in pratica il MOSTING (dal termine inglese “most”, che significa “più”)  manifesta un grande coinvolgimento e interesse per una relazione. E’ un gran adulatore, fa sentire il partner unico, speciale e lo illude circa possibili sviluppi del rapporto, che però non si realizzeranno mai. Le promesse che fa si riveleranno presto false, perché all’improvviso si dileguerà, senza dare spiegazioni.

Esattamente come chi fa GHOSTING(dal termine inglese “ghost”, che significa fantasma) che è solito scomparire nel nulla, senza fornire motivazioni e senza farsi alcun scrupolo. Tuttavia rispetto al mosting è meno presente la componente illusoria. Le vittime di entrambi questi fenomeni si trovano ad affrontare un dolore intenso e inaspettato, dato dall’abbandono subito, a cui non riescono a dare un senso.

Un’altra variante del ghosting è il CASPERING (da “casper” il fantasmino protagonista del celebre film): dopo aver mostrato un iniziale coinvolgimento, un partner inizia ad allontanarsi assumendo un atteggiamento sempre più freddo e sempre più distaccato, per poi arrivare a svanire nel nulla dopo un semplice messaggio di circostanza. 

Una possibile evoluzione del ghosting è lo ZOMBIEING. A distanza di mesi, pochi o molti che siano, il ghoster riappare all’improvviso (resuscita come uno “zombie” dal mondo dei morti) con l’intenzione di  riavvicinarsi. Può contattare l’ex sul cellulare oppure rifarsi vivo con alcune interazioni sui social. Per lui, cercare di riconquistare una seconda volta la stessa persona, entrare e uscire a piacimento dalla sua vita, è una sfida eccitante, gratificante che gli conferisce potere, senso di possesso e conferma personale. La vittima di ghosting, al contrario sviluppa un conflitto interiore: da un lato desidera fortemente dare all’ex partner un’altra occasione perché ne ha sognato a lungo il ritorno; dall’altro sente di dover chiudere definitivamente il rapporto perché non si fida più e teme di essere nuovamente abbandonata.

Oppure il ghoster ritorna e inizia ad alimentare la vecchia relazione con briciole di messaggi o interazioni sui social, in maniera più occasionale rispetto allo zombieng. Pratica quello che viene definito il BREADCRUMBING (dalla parole inglese “breadcrumbs”che significa “briciole di pane”). Egoisticamente vuole riaffacciarsi nella vita dell’ex, mandando segnali circa un possibile ritorno di fiamma, non avendo in realtà nessuna intenzione di costruire un rapporto stabile. Crea dunque false illusioni. 

Allo stesso modo, chi fa ORBITING (dalla parola inglese “to orbit” che tradotto significa orbitare) non vuole chiudere definitivamente la relazione precedente e ricomincia a seguire la vita dell’ex sui social  mettendo qualche like, guardando le sue storie o gli stati di whatsapp. Mostra interesse, attenzione e presenza, ma non cerca mai un contatto diretto come chi mette in atto lo zombieing. Si comporta come fanno i pianeti, che fluiscono lungo le loro orbite, attorno a un punto senza mai toccarlo né abbandonarlo. Vuole mantenere una qualche forma di contatto e di controllo, di modo che, qualora in futuro lo desiderasse nuovamente, potrebbe riaprire una porta mai chiusa.

Simile all’orbiting e’ il fenomeno dell’HAUNTING (traduzione dall’inglese “chi perseguita”). Una precedente frequentazione diventa una presenza virtuale che occasionalmente spia il profilo, le foto, le storie, gli stati di whatsapp o  mette qualche like o cuoricino, per poi scomparire e riapparire continuamente. Nel tempo va e viene a suo piacimento, creando una sorta di persecuzione.

Tipicamente tutti questi fenomeni sono messi in atto da individui che possiedono dei tratti narcisistici, istrionici, evitanti, borderline o dei veri e propri disturbi di personalità. Appaiono, scompaiono, tornano o visualizzano, solo per il proprio interesse, per mantenere un certo controllo sull’altro, incuranti degli stati d’animo che suscitano. Adottano comportamenti manipolativi che testimoniano gravi difficoltà personali di tipo emotivo, comunicativo e relazionale.

Questi fenomeni virtuali appena illustrati ci mostrano come sia dilagante una disconnessione affettiva degli altri e soprattutto da se stessi.

D.ssa Roberta Maggioli

Psicologa

Studio a Rimini, Via D. Campana 14

per contatti tel. 3355334721

email: maggiolir@libero.it o maggioli.roberta72@gmail.com

L’ALTRO LATO DEL GHOSTING

La mancanza è la presenza più forte che si possa sentire

Inizio a parlare di amore focalizzandomi sull’analisi di un fenomeno molto diffuso nel mondo digitale: il ghosting, una pratica crudele utilizzata per troncare una relazione.

Il ghosting è ciò che accade quando una persona termina un rapporto senza comunicare all’altro le proprie intenzioni e i motivi della rottura: scompare nel nulla, diventa come un fantasma (un “ghost”, da cui deriva il nome “ghosting”). Improvvisamente interrompe qualsiasi contatto, si rende  irreperibile: cancella il proprio profilo dai social, blocca o toglie l’altro dalle proprie amicizie, non risponde più alle sue telefonate, ai suoi messaggi, alle sue e-mail.

Il ghoster (colui che fa ghosting), come un vero illusionista, si smaterializza e magicamente fa svanire nel nulla la relazione e le proprie responsabilità. In questo modo, evita le reazioni imprevedibili dell’altro e le emozioni negative che vivrebbe di riflesso. Non vuole sentirsi giudicato colpevole del dolore e della rabbia che provoca; scomparendo le elimina dalla propria percezione. Vuole creare una distanza di sicurezza per se stesso, incurante degli stati d’animo che induce nel partner. Quando la relazione è in essere da poco tempo si sente addirittura giustificato a chiudere la storia senza dare spiegazioni. Tipicamente questo accade nei social network e nelle dating app dove è possibile chattare con più persone contemporaneamente e dove rapidamente un rapporto può diventare insignificante.

Il ghosting èuna facile via d’uscita anche per chi è solito usare false identità virtuali: per timidezza, per insicurezza, per senso di inadeguatezza fisica oppure perché la persona ha già un rapporto stabile o addirittura una famiglia e internet è solo un’occasione di svago e leggerezza. Quando  l’altro con cui è in contatto inizia a porre delle richieste per far evolvere il rapporto in un qualcosa di più concreto, non potendosi mostrare per chi è veramente, scompare.

Altrettanto crudelmente agisce il ghoster affetto da una grave patologia narcisistica che intenzionalmente vuole far soffrire l’altro, infliggergli una dolorosa punizione. Spesso questa violenza psicologica accade in quell’incastro perfetto che crea con un partner che soffre di dipendenza affettiva. Con il ghosting, si appropria di un grande potere: conoscendo la sua vittima, sa, che, rendendosi invisibile, sarà ancora più desiderato e dunque amato, nonostante la rottura.

Più frequentemente, il ghoster è meno consapevole di se stesso. Pur potendo vivere liberamente una storia d’amore ad un certo punto sente l’urgenza improvvisa di troncare un rapporto, perché non riesce a sostenere una vera vicinanza emotiva, in cui esprimere i propri bisogni e accogliere quelli dell’altro. Inconsapevolmente, soffre di filofobia: un’incapacità di amare probabilmente appresa in famiglia, quando era piccolo. Durante l’infanzia, può aver sviluppato uno stile di attaccamento disfunzionale che lo porta a ritenere salvifico scappare da una relazione anche quando è positiva. Può aver avuto un genitore che senza fornire motivazioni, e’ stato poco presente o lo e’ stato in maniera inconstante e l’ha fatto sentire solo, poco considerato, rifiutato o abbandonato. Per esempio prometteva di esserci e poi non si presentava al saggio di fine anno, alla partita di calcetto, alla festa di compleanno. Il ghoster lascia per non essere lasciato, criticato, tradito, manipolato come purtroppo gli e’ già capitato quando era bambino. Il partner diventa il capro espiatorio di un dolore che si porta dentro da molto tempo e che spesso nemmeno sa di avere.

In generale si può affermare che il ghosting e’ un comportamento che mette in luce la compresenza di alcune problematiche psicologiche tra: scarsa empatia, immaturità, egocentrismo, insicurezza, difficoltà comunicative. Questi sono aspetti caratteristici di chi possiede tratti patologici o un vero e proprio disturbo di personalità (tipicamente evitante, narcisistico o borderline), aspetti che necessiterebbero di un lavoro psicoterapeutico. Con la speranza che “il fuggitivo” non ghosterizzi anche lo psicologo quando la relazione terapeutica entra nel vivo.

Dopo la fine della relazione, il ghoster continua la sua vita senza voltarsi indietro. La vittima di ghosting si trova invece catapultata in un labirinto di sofferenza e non senso. Viene invasa da una carica di emozioni negative che si mescolano tra loro: disorientamento, tristezza, angoscia, rabbia, impotenza, ansia, senso di abbandono e di vuoto.

Il malessere che percepisce ricade anche sul corpo: la vittima può sperimentare sensazioni spiacevoli, somatizzazioni, insonnia o disturbi dell’appetito. Sensazioni che si aggiungono al suo sentirsi destabilizzata, sofferente, sola e fragile.

L’essere passata dal pieno di una relazione (fatta di presenza, connessioni emotive, aspettative positive per il futuro), al silenzio assoluto che segue la scomparsa del partner e’ fonte di un intenso stress emotivo, che può degenerare in sintomi depressivi e ansiosi.

La sua mente si riempie di rimuginazioni, di ricordi, di ipotesi, di autocolpevolizzazioni. Chi subisce il ghosting si chiede continuamente tra sé e sé: “Perché è scomparso? Cosa gli è successo? In che cosa ho sbagliato?”.

Per trovare un senso all’accaduto, inizia una ricerca del ghoster in tutti i modi che sono possibili, spesso connettendosi a lungo, sperando di poterlo contattare. Ma ogni tentativo è vano e frustrante.

Fatalmente la vittima si pensa inadeguata, “difettata”, non abbastanza amabile e la sua autostima crolla. Inizia a dubitare del proprio valore, delle proprie capacità, tra cui quella di non aver saputo valutare l’altro per quello che era in realtà e di non aver avuto motivi abbastanza convincenti per tenerlo vicino. Prova un forte senso di fallimento e sconfitta personale. Il ghoster l’ha tagliata fuori dalla sua vita senza un perché, le ha mancato di rispetto, l’ha usata per scopi che non riesce a capire. Il mondo, certo e felice fino a un attimo prima, si trasforma per lei in un posto minaccioso e oscuro perché ha perso la fiducia nell’altro, quale altro da se’.

Il ghosting dimostra che il contrario dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza: non poter dare un senso alla propria sofferenza, impedisce di elaborare la perdita che segue una separazione e guardare al futuro con speranza. Spesso la vittima deve riempire da sola quel pezzo mancante, operazione non sempre facile da fare senza l’aiuto di uno psicologo, soprattutto nel caso in cui soffra di dipendenza affettiva.

Se avete ghosterizzato qualcuno o siete stati vittima di ghosting e avete voglia di condividere con noi le vostre esperienze o riflessioni in merito a questo articolo, contattateci al 3355334721 oppure scriveteci una mail a uno di questi indirizzi: maggioli.roberta72@gmail.com oppure maggiolir@libero.it

Dottoressa Roberta Maggioli